Garrincha, 'Il Passero' che incantò il Mondo e morì solo e in povertà | Goal.com Italia

2022-06-25 03:57:19 By : Jane Xu

Ala destra più forte della storia, Garrincha era la stella del Botafogo e vinse due Mondiali con il Brasile. Morì solo e in povertà a 49 anni.

Uno così su un campo da calcio non si era mai visto prima e mai più si vedrà. Manoel Francisco dos Santos, meglio noto come Mané Garrincha, è considerato all'unanimità la più grande ala destra della storia del calcio. Capace di rendere le sue malformazioni fisiche un suo punto di forza che gli consente di effettuare dribbling imprevedibili, per alcuni, fra questi sicuramente per i tifosi del Botafogo, il club nel quale si è affermato come grande campione, è stato il più forte in assoluto, persino più di Pelé.

Con 'O Rei' vince due Mondiali, diventando una star planetaria. Ma il declino sarà rapidissimo. La sua vita da film prende troppo presto la parabola discendente. Le vicessitudini sentimentali (14 i figli avuti nella sua vita con 6 donne diverse), la dipendenza dall'alcol e l'abbandono del Mondo del calcio gli causano una forte depressione, dalla quale non si rialzerà più.

Il sorriso, che lo accompagnava sempre da giovane, era diventato uno sguardo cupo e perso nel vuoto. Il campione che aveva reso grande il Brasile, disputato 51 partite ufficiali in Nazionale, perdendone soltanto una, l'ultima, morirà solo e in condizioni di povertà e degrado a nemmeno 50 anni, con il fegato roso dall'alcol, per le conseguenze della cirrosi e di un edema polmonare.

Ma ai funerali gli saranno resi gli onori di un Capo di Stato e una folla oceanica si muoverà per dare l'ultimo saluto al campione.

Mané, il diminutivo con il quale è chiamato fin da piccolo, anche perché ha i capelli molto folti (letteralmente in portoghese significa 'criniera') nasce a Pau Grande, nel distretto di Magé, il 28 ottobre 1933. È il quinto dei 16 figli di Amaro e Maria Carolina. Il padre discende da una tribù di Indios dell'Alagoas e fa la guardia di sicurezza della fabbrica tessile di Pau Grande. Sfoga le sue frustrazioni nell'alcol e morirà di cirrosi. Sua madre invece è una donna mulatta originaria di Recife e fa la casalinga.

La sua famiglia è poverissima, si mantiene con il minimo indispensabile, e il bambino cresce come un vero selvaggio e con una sensibilità fuori dal comune: cammina in strada scalzo, attraversa i fiumi a nuoto, parla con gli animali e dà la caccia agli uccellini. Per quest'ultima abitudine la sorella maggiore, Rosa, lo ribattezza a 4 anni con il nome portoghese con cui sono indicati i passeri nel Nord Est del Brasile, notando delle analogie fra le sue gambe esili e storte e la sua andatura caracollante e le zampette dei passerotti e il loro modo di muoversi.

Mané diventa così per tutti Garrincha e si innamora precocemente del pallone, giocando nelle strade polverose con gli amici nonostante alcune menomazioni fisiche legate ad una forma di poliomielite contratta in tenera età e di cui porterà per sempre le conseguenze. Ha la gamba destra più corta di 6 centimetri di quella sinistra, inoltre se il ginocchio destro è ricurvo verso l'interno, quello mancino è ricurvo all'infuori. Inoltre la spina dorsale è deformata, presenta uno sbilanciamento del bacino e un leggero strabismo.

Anche i demoni che affligeranno la seconda parte della vita del campione hanno origini antiche. Sempre a 4 anni, infatti, suo padre, in base a discutibili tradizioni e credenze locali, gli somministra una mistura alcolica a base di cachaça (cachimbo, un'acquavite utilizzata nella zona) come cura per i problemi fisici. A nemmeno 10 anni inizia anche a fumare sigari di paglia.

A scuola ci va malvolentieri soltanto perché è costretto, e conclude a stento il percorso dell'obbligo. Dopo aver compiuto 14 anni, inizia a lavorare nella fabbrica tessile della sua città, l'América Fabril. Il ragazzo si dimostra tuttavia ribelle e poco propenso ad assolvere agli incarichi che gli vengono assegnati, così nel 1948 viene licenziato.

Ma il suo capo reparto, detto 'Boboco' (al secolo Franklyn Leocornyl), che ricopre anche la carica di presidente della squadra di calcio della fabbrica, riesce a farlo reintegrare benché il ragazzo debba ripartire dalle mansioni più basse. In cambio lui gioca con le Giovanili del Pau Grande. Inizia così il cammino nel calcio di quella che diventerà l'ala destra più forte di tutti i tempi.

Il calcio è la cura per tutti i problemi e le difficoltà. Quando gioca, Garrincha, solitamente serio e introverso, si trasforma, sorride, si diverte e diverte chi lo vede.

Nonostante le anomalie fisiche, che avevano portato i medici quando era ancora un ragazzo a sconsigliargli la pratica del calcio, il giovane Mané si impone come il miglior talento della sua regione e mette in mostra quello che sarà il pezzo forte del suo repertorio: un dribbling unico e inarrestabile.

Il suo ruolo naturale è quello di ala destra. Garrincha attira il terzino avversario verso la fascia laterale del campo per poi saltarlo con una diabolica piroetta. Lanciato palla al piede, si ferma all'improvviso ed effettua una finta, sempre la stessa, per disorientare il suo marcatore e scattare improvvisamente prima verso destra, quindi verso sinistra, senza che chi ha di fronte riesca mai a capirci qualcosa. Spesso ripete l'operazione più volte per puro diletto. In alternativa taglia verso l'interno del campo per andare alla conclusione.

Nel giugno del 1949 però il giovane Garrincha è sconvolto da un grave lutto: a causa di un'infezione muore mamma Maria Carolina, e tocca prevalentemente a lui, con un padre dedito all'alcol, mantenere le sorelle e i fratelli più piccoli. Nel biennio 1949-50 si divide con le Giovanili del Cruzeiro do Sul di Petropolis, e successivamente, nel 1951, passa al Serrano, sempre di Petropolis, che è anche il primo club ad offrirgli dei soldi per giocate: 30 cruzeiros (la moneta brasiliana dell'epoca) a partita.

Una costante della carriera e della vita di Garrincha sarà il bisogno di soldi per sfamare la sua famiglia e l'uso dissennato dei suoi guadagni fatto spesso dal calciatore. Intanto il suo talento non passa inosservato e sono gli altri a portarlo ad effettuare dei provini con club professionistici. I primi, tuttavia, non vanno affatto bene.

Nel 1950, non ancora maggiorenne, è accompagnato da un funzionario della fabbrica per sostenerne uno con il Vasco da Gama. Garrincha però si presenta all'appuntamento scalzo e quando lo vede il responsabile tecnico dei bianconeri lo definisce "storpio" e lo rimanda a casa.

Successivamente il Saõ Cristovão lo respinge dopo averlo visto all'opera appena 10 minuti, mentre con il Fluminense chiede di interrompere il test per non perdere il treno per casa ma non si presenta poi all'appuntamento il giorno seguente. Mané è così: concepisce il calcio come puro divertimento ed è restio ad ogni regola o obbligo.

La svolta arriva nel 1953 quando Araty Viana lo arbitra in una partita con il Pau Grande. L'ex giocatore del Botafogo resta colpito dalle qualità tecniche e dal dribbling di Garrincha e fiuta l'affare, così gli consegna un biglietto per recarsi presso il campo del Fogão, che era alla ricerca proprio di un'ala destra.

Garrincha si presenta all'orario stabilito e viene inizialmente aggregato alla Primavera di Newton Cardoso. Desta una buona impressione e gli viene chiesto di tornare il giorno seguente per giocare un'amichevole contro la Prima squadra. Il ragazzo ha del resto 19 anni e può essere tesserato solo con quest'ultima.

Il compito per Mané, che il 10 giugno 1953 si presenta regolarmente alla partita, è tuttavia tutt'altro che semplice: Garrincha ha infatti di fronte Nilton Santos, soprannominato 'A Enciclopedia', 'L'Enciclopedia', uno dei più forti se non il più forte terzino sinistro del calcio brasiliano.

Ma è determinato con tutto se stesso a non perdere l'occasione che gli è stata offerta e a suon di dribbling eriesce a far fare una brutta figura all'autorevole campione.

Per alcuni Moreyra esagera nel suo racconto, e Garrincha non avrebbe mai fatto un tunnel a Nilton Santos, fatto sta che effettivamente il ragazzo di Pau Grande è ingaggiato dal Botafogo, che lo paga appena 500 cruzeiros al Serrano di Petropolis, la cifra più bassa che sia stata mai scritta su un contratto professionistico in Brasile e corrispondenti, che all'epoca equivaleva a circa 24 Euro di oggi. Al giocatore fu garantito uno stipendio da 1500 cruzeiros mensili, appena 300 in più della paga che percepiva in fabbrica. Il club di Rio sfrutterà sempre a suo vantaggio l'ingenuità di Mané per pagarlo molto meno di quanto certamente avrebbe meritato.

Il 19 luglio 1953 Garrincha debutta da professionista nel Campionato Carioca in Botafogo-Bonsucesso, gara nella quale si presenta con una tripletta (il primo goal arriva su rigore). Anche se la stagione sarà di adattamento per l'ala destra e per i suoi compagni rispetto alle sue giocate, Garrincha mette a segno 20 goal nel torneo Statale, piazzandosi al 2° posto nella classifica marcatori alle spalle di Jorge Duilio Benitez del Flamengo.

Il Botafogo però non è una squadra di vertice, e i primi anni scorrono senza titoli per Garrincha. L'exploit attira tuttavia l'interesse della Juventus, che attraverso i propri rappresentanti in Sudamerica si rivolge al Botafogo chiedendo il prezzo di quella irresistibile ala destra. Il 'Fogão', temendo lo scippo, spara alto: 150 mila dollari e non se ne farà nulla.

Nel 1956 c'è la svolta, con l'acquisto sul calciomercato di alcuni campioni: su tutti Didi, con lui Quarentinha, Zagallo e il centravanti Paulo Valentim. Questi ultimi si aggiugono ai già presenti Nilton Santos e Garrincha e sotto la guida tecnica di João Saldanha, l'allenatore giornalista, conquistano il Campionato Carioca 1957. La partita decisiva si disputa contro il Fluminense il 22 dicembre.

Al Fogão servono i 3 punti, mentre ai rivali basta un pareggio. Sul campo, però, non c'è storia, con un Garrincha stratosferico, autore di un goal e 2 assist per Paulo Valentim in un roboante 6-2 che consegna il titolo ai bianconeri. Tanto che sul 5-2 Saldanha avrebbe detto al capitano Nilton Santos:

Al primo titolo carioca Garrincha, che come i compagni vedrà crescere il suo stipendio, che passerà a 18 mila cruzeiros (pur restando il più basso fra quelli dei campioni in rosa), ne aggiungerà altri due consecutivi nel 1961 e nel 1962.

Nonostante la cartilagine delle sue ginocchia sia sempre più logorata per l'attrito che si realizza fra le ossa del perone e del femore nelle sue gambe, 'L'Alegria do Povo', 'La Gioia del Popolo', soprannome che si guadagna per la felicità che le sue giocate danno ai tifosi, infila due stagioni straordinarie fra i 27 e i 29 anni.

Nel 1961 è il miglior giocatore del Campionato Carioca, e risolve con un suo goal la sfida decisiva del 14 dicembre contro il Fluminense, stabilendo una serie record di 41 gare consecutive senza mai perdere. Il Fogão conquista il titolo Statale perdendo un'unica partita contro l'America per 1-2.

L'anno successivo Garrincha raggiunge l'apice del suo rendimento: ai ferri corti con il Botafogo che non vuole aumentargli lo stipendio, minaccia di non giocare la partita decisiva con il Flamengo, ma poi, convinto dagli amici, scende regolarmente in campo e realizza 2 dei 3 goal con cui la sua squadra supera i rossoneri, e propiziando la terza marcatura con un autogoal.

Il giorno seguente 'O Globo' raffigura in copertina il Botafogo come composto da 11 Garrincha, ma quella è considerata anche l'ultima gara giocata da Mané ad alti livelli con una squadra di club. Nel 1962 l'ala destra vince anche il primo Torneo Interstatale Rio-San Paolo, bissando il successo nella competizione 2 anni più tardi, quando ormai l'artrosi si era impossessata delle sue ossa.

L'ultima partita con il Fogão la gioca il 16 settembre 1965 contro la Portuguesa, mentre l'ultima rete vale la vittoria bianconera nel derby con il Flamengo il 22 agosto 1965 (1-0). Se ne va, sbattendo la porta, dopo aver realizzato da ala in 12 anni di militanza 245 goal in 614 presenze, numeri che unitamente alle sue grandi giocate lo rendono ancora oggi il più grande campione della storia del Botafogo.

Ma la leggenda di Mané Garrincha è legata soprattutto alle prestazioni eccezionali con la maglia del Brasile. La stella del Botafogo debutta in Nazionale il 18 settembre 1955, nella gara valida per il Trofeo O'Higgins contro il Cile (1-1).

È inizialmente l'alternativa a Julinho, che proprio nel 1955 lascerà la Portuguesa e il Brasile per approdare alla Fiorentina in Italia. Sono anni in cui, con considerazioni prettamente razziste, è alta la diffidenza dei Ct. per i giocatori di pelle nera, dopo la disfatta del Maracanazo nei Mondiali casalinghi del 1950 e l'eliminazione ai quarti di finale ad opera della Grande Ungheria nell'edizione svizzera del 1954, le cui responsabilità vennero attribuite principalmente allo 'Stile di gioco ginga', il calcio ritmato e ballato tipico dei giocatori di colore.

Garrincha, in particolare, è inizialmente visto come un dribblomane, sebbene il suo talento sia indiscutibile. Nel 1957 gioca due gare di Copa America, stravinte entrambe dal Brasile (7-1 sull'Ecuador e 9-0 sulla Colombia) ma sarà una riserva per il resto della competizione. Non è in campo quando la Seleçao è travolta 3-0 dall'Argentina dei 'Tre Angeli dalla faccia sporca' nella gara decisiva del torneo peruviano.

Il nuovo corso verdeoro, inaugurato dalla nomina a Ct. di Vicente Feola nel 1958, lo vedrà grande protagonista assieme all'astro nascente del calcio brasiliano, Pelé. Per capire l'incidenza e l'importanza di Garrincha nella storia del Brasile è sufficiente un dato: quando i due andranno in campo assieme (49 partite) il Brasile non perderà mai.

Nei mesi che precedono il torneo svedese, la 'Junta medica', nominata dalla CBF, e presieduta da Paulo Machado de Carvalho, con lo slogan "servono atleti, non funamboli", passa in rassegna quasi 200 calciatori, analizzandoli dal punto di vista medico e psicologico per capire chi sia fisicamente idoneo e pronto per affrontare i Mondiali e vincerli.

In molti vengono scartati, e alla fine restano in 33, che affronteranno il lungo preritiro che precede la spedizione in Scandinavia. Fra questi c'è un'unica eccezione: Garrincha, che nonostante i suoi difetti fisici è considerato un elemento irrinunciabile. Per lui garantisce il preparatore atletico e uomo di fiducia del Ct., Paulo Amaral. L'ultimo nome ad essere inserito è quello del più giovane, Pelé, che stava affermandosi come giovane campione nel Santos.

'Il Passero' verdeoro scandalizza lo psicologo, il professor João Carvalhaes, quando quest'ultimo decide di sottoporre la rosa a dei test attitudinali e di intelligenza. Garrincha prende il punteggio più basso, addirittura al di sotto della soglia minima di 38 su un massimo di 123.

Lui e Pelé, anch'egli giudicato inadeguato (punteggio di 68 per il futuro 'O Rei'), sono gli unici due del gruppo con un punteggio inadeguato e per questo Carvalhaes ne sconsiglierà l'utilizzo a Feola.

I fatti daranno ragione al gioiellino del Santos. Feola screma ulteriormente la rosa a 22 nomi, e con questi affronta una serie di amichevoli pre-Mondiali. Garrincha firma il suo primo goal assoluto con la Seleçao nella partita con il Corinthians (5-0) del 21 maggio, poi il gruppo parte per l'Europa e gioca altre gare di preparazione.

In Italia il Brasile affronta prima la Fiorentina e poi l'Inter. Contro i viola 'Il Passero' verdeoro è grande protagonista e realizza un goal leggendario: salta in dribbling Robotti, Magnini e Cervato, dribbla anche il portiere Sarti ma anziché depositare il pallone nella port sguarnita, come avrebbero fatto tutti, aspetta che Robotti torni su di lui per dribblarlo una seconda volta, e mentre il difensore deve aggrapparsi al palo per non cadere, lui lo disorienta con un'ulteriore finta e va finalmente a segno.

A quel punto inizia a ridere sonoramente, e viene ripreso aspramente dai compagni, in particolare dal capitano Bellini, che lo invita ad avere un atteggiamento più responsabile e rispettoso in campo verso i suoi avversari. Quella dell'ala destra è la rete del definitivo 3-0 per i sudamericani, mentre contro l'Inter finisce in pareggio: 2-2.

Per l'assenza di disciplina rischia persino il taglio, ma Nilton Santos, il suo capitano nel Botafogo, riesce a intercedere per lui assieme al preparatore Amaral: "Garrincha non si comporta così per disprezzo o per superficialità - spiega ai vertici della Nazionale brasiliana -, è il suo modo d'interpretare il calcio. Con allegria".

In Svezia, comunque, parte da panchinaro. Feola cede alle pressioni e nelle prime due partite del girone, contro Austria (vittoria per 3-0) e Inghilterra (pareggio 0-0) tiene fuori Garrincha e Pelé. La terza gara, contro la forte Unione Sovietica di Lev Jascin, bisogna vincerla per essere certi del passaggio del turno. Il Ct. si rende conto che con Joel, Dida e Altafini la squadra è troppo prevedibile e butta dentro i due ragazzi, con l'obiettivo di aumentare la vivacità dell'attacco verdeoro.

Garrincha e Pelé non deludono le attese. Soprattutto Mané ha un impatto devastante sui Mondiali. Subito dopo il fischio d'inizio, il numero 11 del Brasile prende palla e inanella una serie interminabile di dribbling ubriacanti ai danni del terzino sinistro sovietico Kuznetsov, per poi scagliare un destro violento che si stampa sulla traversa. Successivamente costringe Jascin ad una difficile parata e, infine, serve a Vavá l'assit per l'1-0 della Seleçao.

Tutto in appena tre minuti, che per l'intensità e la qualità delle giocate del 'Passero' di Pau Grande passeranno alla storia per mezzo del giornalista francese Gabriel Hanot come "I tre minuti più sublimi della storia del calcio".

Il Brasile, grazie ad una doppiettà di Vavá, si impone 2-0 e stacca il biglietto per i quarti di finale. Garrincha e Pelé, autori di una grande prestazione, non usciranno più dall'undici titolare e trascineranno la Seleçao al primo trionfo nei Mondiali di Calcio. Mané sarà l'unico fra i cinque giocatori offensivi della squadra di Feola a non segnare neanche un goal, ma questo non gli impedirà di essere un grande protagonista anche nelle sfide successive.

I verdeoro eliminano il Galles con la prima magia di Pelé, e l'ala destra desta ancora impressione.

In semifinale la Seleçao batte anche la Francia del bomber Fontaine e di Kopa: 5-2 con tripletta di Pelé e reti di Vavá e Didi. Segna in verità anche Garrincha, ma il goal è annullato fra le polemiche per presunto fuorigioco dell'ala brasiliana. In finale c'è da superare l'avversario più ostico, la Svezia padrona di casa di Hamrin, Gren, Liedholm e Skoglund.

I pronostici danno gli scandinavi come favoriti, ma i sudamericani li ribalteranno: 5-2 per la Seleçao il punteggio finale allo Stadio Rasunda di Stoccolma, con la rimonta, dopo il vantaggio iniziale di Liedholm, firmata dalle doppiette di Vavá (grazie a due assist di Garrincha) e Pelé e da un goal di Zagalo. Il 29 giugno 1958 il Brasile è per la prima volta nella sua storia campione del Mondo.

Nei minuti immediatamente successivi alla gara, Garrincha è confuso, quasi non si rende conto.

Da quel momento il Brasile smetterà di 'copiare' dalle Nazionali europee e si presenterà sempre ai grandi tornei internazionali orgoglioso del proprio spirito identitario, ricco di fantasia ed estro. Garrincha è votato fra i giocatori migliori del torneo ed entra a far parte della formazione ideale dei Mondiali '58. Al rientro in patria la squadra e lo staff tecnico sono accolti in pompa magna dal Governatore dello Stato di Rio, che per la grande impresa regala ad ogni giocatore della squadra una villa a Copacabana.

Tutti appaiono felici e sorridenti, Garrincha no. È scuro in volto e fissa una gabbia dove c'è un canarino.

Mané scuote il campo, ma il politico non è convinto.

Il campione di Pau Grande prende coraggio:

Così sarà e il sorriso torna sul volto del 'Passero'. Garrincha prosegue negli anni successivi la sua avventura con il Brasile. Nel 1959 gioca la Copa America (4 presenze senza goal), nel 1961, invece, conquista da protagonista altri due titoli: il Trofeo O'Higgins e la Coppa Oswaldo Cruz.

Ma l'anno della consacrazione è il 1962. Reduce da una grande stagione con il Botafogo, ai Mondiali in Cile l'ala destra sarà la stella assoluta. Pensare che il 18 marzo 1962, mentre i compagni si trovano già in albergo per il ritiro, lui è irreperibile: si trova a Bicas dove ha giocato una partita assieme a degli amici e trascorre la giornata ospite di una famiglia del luogo a bere cachaça.

Per rintracciarlo si muove addirittura il Direttore del Botafogo e 'Il Passero' si unirà alla comitiva. Il Brasile schiera la stessa linea d'attacco di 4 anni prima: Didi e Zagallo supportano Garrincha, Vavá e Pelé. Ma le cose andranno diversamente dall'edizione svedese: dopo un secco 2-0 sul Messico con i goal di Pelé e Zagallo, 'O Rei', infatti, si fa male nella seconda partita contro la forte Cecoslovacchia, e il punteggio resta inchiodato sullo 0-0.

Garrincha, che nel frattempo conosce Elza Soares, madrina dell'edizione, e le promette di vincere i Mondiali per lei, si ritrova sulle sue spalle tutto il peso dei risultati del Brasile e dimostra la sua levatura di fuoriclasse assoluto. Da semplice assistman, quale era stato nella squadra di quattro anni prima, Mané si trasforma in un fuoriclasse totale, letale anche per i portieri.

Mané e il sostituto di Pelé, Amarildo, suo partner d'attacco nel Botafogo, sono i protagonisti assoluti della cavalcata del Brasile fino al 2° titolo Mondiale. La terza partita è peraltro molto dura per i brasiliani, che si giocano la qualificazione ai quarti contro la Spagna del 'Mago' Helenio Herrera. Seppur orfani del naturalizzato Puskas, gli iberici si portano in vantaggio nel primo tempo con Adelardo.

I brasiliani emergono negli ultimi 20 minuti. Al 72' Amarildo pareggia e il risultato resta in parità fino ai minuti finali. I verdeoro, spronati da Didi, puntano tutto su Garrincha, e iniziano a giocare costantemente dalla sua parte. A quattro minuti dalla fine Mané salta in dribbling tre avversari e mette in mezzo per Amarildo, che batte Araquistain e con una doppietta porta la Seleçao ai quarti di finale.

Ma il vero show 'Il Passero' di Pau Grande lo offre nella fase ad eliminazione diretta. I sudamericani, che chiudono in testa al Gruppo C con 5 punti, trovano ai quarti l'ostica Inghilterra. La partita è equilibrata e ancora una volta sarà l'ala destra a deciderla. Dopo pochi minuti sblocca il risultato con un colpo di testa su calcio d'angolo.

Hitchens pareggia, ma nella ripresa un calcio di punizione potente calciato da Garrincha e respinto dal portiere inglese Springett, propizia il tap-in del 2-1 di Vavà. Dopo aver messo a dura prova la retroguardia avversaria con il consueto repertorio di dribbling e finte, l'ala destra del Brasile chiude definitivamente i giochi al 59' con un micidiale calcio di punizione, che vale la sua doppietta e il 3-1 finale.

La partita è interrotta dall'invasione di un cane, che dopo aver dribblato Garrincha, sarà catturato dall'inglese Greaves. L'animale, chiamato 'Bi', diminutivo di 'Bicampeões', è in seguito adottato dal numero 7 brasiliano.

La semifinale è tutta sudamericana contro i padroni di casa del Cile, del cui gioco violento, non punito dagli arbitri, aveva fatto le spese anche l'Italia. Contro il Brasile il copione si ripete ma Garrincha si dimostra troppo forte anche per 'La Roja'. 'Il Passero' sblocca il risultato con un tiro di sinistro, poi raddoppia di testa. È immarcabile e ingiocabile per i cileni, che tuttavia iniziano a picchiarlo senza che l'arbitro prenda provvedimenti.

Toro firma il 2-1 allo scadere della prima frazione. Ma ad inizio ripresa ancora Garrincha supera il suo marcatore e serve a Vavá l'assist per il 3-1. La gara si incattivisce ulteriormente. L'arbitro peruviano Yamasaki concede un rigore trasformato da Lionel Sánchez, e il 3-2 rende tutto incerto fino ai minuti finali.

La partita di Santiago si trasforma in una battaglia: il cileno Landa è espulso all'80', poi Garrincha perde le staffe, e all'ennesimo fallaccio reagisce tirando un forte calcio nel sedere a Rojas. L'arbitro lo espelle e mentre sta raggiungendo a testa bassa gli spogliatoi è colpito da una pietra lanciata dagli spalti: Vavá chiude i giochi nel finale di gara, portando il punteggio sul 4-2, ma il Brasile rischia di giocare la finale contro la Cecoslovacchia senza il suo campione.

A quel punto si scomoda la diplomazia internazionale, con il governo brasiliano che esercita pressioni su quello peruviano perché venga tolta la squalifica all'ala destra: alla fine Garrincha è assolto dalla commissione disciplinare con 5 voti favorevoli e 2 contrari, e il guardalinee uruguayano Esteban Marino che lascerà il Paese prima del giudizio.

Il 17 giugno 1962, dunque, Garrincha è regolarmente in campo contro la Cecoslovacchia, sebbene non stia bene e abbia la febbre a 38. Per una volta Mané non riesce a incidere: ci pensano Amarildo, Zito e Vavá, complici gli errori del portiere cecoslovacco Schrojf, a fissare il risultato sul 3-1 dopo il goal iniziale di Masopust.

Per la seconda volta il Brasile è campione del Mondo, 'Il Passero' mantiene la promessa ad Elza Soares ed è eletto miglior giocatore dei Mondiali. Gli storici del calcio concordano nel dire che solo Maradona nel 1986 seppe incidere più di Mané sulla vittoria della Coppa da parte della propria squadra.

Ai Mondiali del 1962 l'epopea di Garrincha è al massimo del suo splendore. Il celebre poeta Vinicius de Morais gli dedica persino un sonetto, 'L’angelo dalle gambe storte'.

Quando l'ala destra vince il suo secondo Mondiale da stella assoluta nessuno può prevedere quello che da lì a poco sarebbe stato l'inesorabile declino. A determinarlo saranno sostanzialmente tre fattori: i problemi fisici alle ginocchia, una vita sentimentale travagliata e burrascosa e la crescente dipendenza dall'alcol che lo condurrà alla depressione e successivamente alla morte.

I guai alle ginocchia iniziano a pesare già negli ultimi tempi con il Botafogo. Il club lo costringe a giocare spesso sotto infiltrazioni per avere più introiti legati alla sua presenza, quando il calciatore avrebbe bisogno di recuperare, vista la sua particolare morfologia fisica. Così la cartilagine delle sue ginocchia finisce per usurarsi rapidamente, tanto che dopo il rifiuto dell'intervento nel 1959 (dando ascolto ad una guaritrice di Pau Grande), nel 1964 il medico sociale Lidio Toledo insistette nuovamente con lui per fare l'operazione.

Mané, per il quale nel 1963 era sfumata la possibilità di un trasferimento in Italia, con Juventus, Inter e Milan intenzionate ad acquistare congiuntamente il fenomenale brasiliano, si oppone ancora una volta. E anzi si rivolte al medico dell'America, che gli consiglia l'asportazione dei menischi. Va sotto i ferri, ma l'intervento non produce i risultati sperati e l'unico effetto è una multa salata del Botafogo per essersi rivolto al medico di un altro club.

Nel 1966 lascia il Fogão e passa al Corinthians, dove sogna di rilanciare la sua carriera e riceve un ingaggio nettamente più alto. Gli inizi sono confortanti, con 13 presenze e 2 goal (uno dei quali vale la vittoria nel derby con il Flamengo) e si aggiudica il terzo Torneo Rio-San Paolo della sua carriera a pari merito con Botafogo, Santos e Vasco da Gama e si guadagna la convocazione per il suo terzo Mondiale, quello di Inghilterra '66.

La gara d'esordio con la Bulgaria, in cui firma il 2-0 su calcio di punizione, sarà anche la sua ultima partita internazionale di alto livello. Con lui affianco a Pelé, in 40 gare il Brasile non ha mai perso (35 vittorie e 5 pareggi). Ma 'O Rei' si fa male, e l'Ungheria supera 3-1 i verdeoro, in quella che rappresenta l'unica sconfitta per Garrincha in Nazionale. Feola lo relega in panchina nella terza e decisiva gara persa con il Portogallo (3-1 per i lusitani di Eusebio) e 'Il Passero' chiude l'avventura con la Seleçao con 50 presenze e 12 goal.

Da lì in avanti non sarà più lui e le sue due grandi passioni, le donne e l'alcol, lo porteranno alla rovina. Le ginocchia sono logore e messe a dura prova da un duro fallo di Zito, che ne mina ancora di più la funzionalità, il peso è lontano da quello forma, l'alcol da vizio si trasforma lentamente in dipendenza.

Garrincha ha 34 anni e la logica imporrebbe il suo ritiro dalle scene. Ma per la vita che conduce Mané ha bisogno di soldi e non può permetterselo. Nel 1967 il Corinthians non sa più che farsene e lo cede in prestito al Vasco da Gama, che organizza delle amichevoli per provare a farlo tornare in forma, ma senza successo. Fallisce anche il tentativo di farsi ingaggiare dal Fluminense e dal Bangu.

Va allora in Colombia, con l'Atletico Junior, ma dopo una sola gara persa 2-3 con il Santa Fe, rescinde il suo contratto a distanza di una sola settimana dalla firma. Si propone a Nacional de Montevideo e Boca Juniors, ma è bocciato nei provini. Il 21 settembre 1968 è il Flamengo a dargli un'ultima occasione, dopo un periodo trascorso a provare a perdere i chili in eccesso.

Anche i rossoneri si accorgono presto che Mané non è più il campione di qualche anno prima. Lo utilizzano così prevalentemente per fare incasso nelle amichevoli. In gare ufficiali colleziona 15 presenze e 4 reti con la maglia rossonera. L'ultima partita la gioca il 12 aprile del 1969, il giorno prima dell'incidente che accelererà il suo processo distruttivo e dopo il quale termina di fatto la carriera ad alti livelli.

Alla base delle disavventure economiche ed esistenziali di Garrincha c'è anche la sua turbolenta vita amorosa. Il calciatore avrà in tutto 14 figli da 6 donne diverse. Otto giorni prima di compiere 19 anni, il 20 ottobre 1952 l'astro nascente del calcio brasiliano sposa Nair Marques, sua collega di lavoro nella fabbrica in cui lavora, dopo averla messa incinta. Da lei avrà 8 figlie: Tereza, Edenir, Marinete, Juraciara, Denízia, Maria Cecília, Terezinha e Cintia.

Parallelamente ha una relazione extraconiugale con Iraci Castilho, che porta a Rio de Janeiro e con cui si intrattiene spesso la sera dopo gli allenamenti con il Botafogo. La ragazza gli darà altri due figli: una femmina, Marcia, e un maschio Neném, mai formalmente riconosciuto.

A rivelarne pubblicamente l'esistenza è sua madre, e, come se non bastasse, Garrincha ha una relazione con una giovane cameriera svedese nella tournée scandinava del Botafogo nel 1959, l'anno dopo il primo successo mondiale. La ragazza, diciasettenne, resta incinta, e al figlio nato dalla fugace relazione è dato il nome di Ulf Lindberg. Il bambino è dato in adozione e cresce in Svezia. Cercherà più volte di incontrarlo, ma non riuscirà mai a vedere suo padre in vita. Negli anni duemila ha tuttavia fatto un viaggio in Brasile, visitando Pau Grande e incontrando le 11 sorellastre superstiti.

Nel 1961 la stella del Botafogo conosce quello che sarà l'amore più grande della sua vita: la bella cantante Elza Soares, con cui ha in comune un'infanzia povera e molto travagliata. Il primo incontro avviene ad un concorso indetto dalla carta stampata, in cui Garrincha è premiato con un'automobile di lusso per essere il giocatore più popolare del Brasile.

I due si rivedono nel 1962 in Cile: Elza è la madrina della spedizione brasiliana e Garrincha se ne innamora perdutamente. Tramite lo speaker radiofonico Cozzi le regala il biglietto per la gara con la Spagna e fissandola negli occhi le fa una promessa:

Mané la mantiene, e dopo i Mondiali fra i due nasce un amore passionale, selvaggio e travolgente. La relazione fra il campione e la nota cantante desta scalpore nell'opione pubblica:

Elza Soares e Mané Garrincha, c. década de 1970. pic.twitter.com/HMHpp87IBW

Elza stessa è fatta oggetto di pesanti insulti. Ma lungi dal mettere in crisi il rapporto, le difficoltà lo rafforzano. Garrincha per Elza abbandona la moglie e le figlie. Nair è furiosa e chiederà e otterrà il divorzio: il campione dovrà provvedere economicamente al mantenimento della sua ex famiglia.

È l'inizio della fine. L'insorgere dei problemi fisici, l'incapacità di gestire i guadagni per il vizio dell'alcol e compiacere all'amata lo porteranno da quel momento in avanti ad avere problemi economici. Nemmeno l'aiuto di un amico come Nilton Santos riuscirà a porvi rimedio.

Garrincha ed Elza si sposano nel 1966 nella sede dell'ambasciata brasiliana in Bolivia. La coppia deve trasferirsi a San Paolo per l'ostilità della gente di Rio, che considera il loro rapporto scandaloso e li riserva attacchi feroci. I due restano legati per quasi 25 anni, e avranno anche un figlio, Garrinchinha, che morirà nel 1986 a soli 9 anni in un incidente stradale.

Nel 1975 muore la prima moglie del calciatore, mentre la lunga storia d'amore con Elza termina nel 1977 con il divorzio, dopo che il calciatore, ubriaco, aveva picchiato la cantante, che fino alla fine aveva cercato di salvarlo dal demone dell'alcol. Negli ultimi anni di vita Garrincha ha un'altra compagna, Vanderléia Vieira, da cui nasce Livia. Un'altra figlia, Rosangela, molti anni dopo la morte del calciatore, è stata riconosciuta attraverso l'esame del DNA.

Un episodio chiave in negativo nella vita di Garrincha è l'incidente d'auto del 13 aprile 1969. L'ala destra, all'indomani di quella che sarà l'ultima gara con il Flamengo, parte in auto per Pau Grande con la suocera Rosaria. La sua auto si scontra con un camion che trasporta patate e capotta per ben tre volte.

Se Garrincha ne esce illeso, la madre di Elza è sbalzata fuori dal parabrezza e muore. Il calciatore nega di aver assunto alcol prima di essersi messo alla guida, ma è condannato a due anni di reclusione. Tuttavia, trattandosi del suo primo reato, la pena è sospesa in via cautelativa.

Ma dopo l'accaduto il campione non sarà più lo stesso anche a livello psicologico. 'La Cade in una brutta depressione e tenta persino di togliersi la vita inalando del gas. 'L'Alegria do Povo', il fuoriclasse che rallegrava i tifosi con le sue giocate, perde il sorrivo e, in un processo autodistruttivo, si rifugia ancor di più nell'alcol.

Elza però lo incoraggia e gli sta vicino. Il campione prova a rientrare nel giro: a inizio luglio gioca 2 gare con Novo Hamburgo e Rio Grandense, ma la situazione generale non migliora. La moglie prende una decisione drastica: via dal Brasile, la coppia provera a ritrovare la serenità perduta in Italia.

Nel 1970 i due sposi raggiungono così Roma: Elza trova un ingaggio come cantante al Teatro Sistina, mentre Mané inizialmente fa il rappresentante in Italia per l'Istituto Brasiliano del Caffé (IBC), che gli paga uno stipendio di mille dollari al mese.

Nel frattempo, però, sogna il rientro da calciatore e si allena per un periodo con la Lazio.

Ma il calcio per Garrincha è vita: nonostante l'alcol sia ormai una dipendenza, e i problemi fisici siano lampanti e gli impediscano di esprimersi come vorrebbe sul campo, Mané, trasferitosi con la moglie a Torvaianica, gioca alcune gare con i Dilettanti del Sacrofano. Ad allenarli c'è infatti l'amico ed ex compagno di squadra Dino Da Costa, diventato in Italia una leggenda della Roma.

Per 100 mila Lire 'Il Passero' regala magie a chi lo vede in azione. Partecipa ad un quadrangolare a Mignano Monte Lungo e trascina la squadra alla vittoria con una doppietta da calcio d'angolo.

Ma mentre Pelé alza al cielo a Città del Messico la sua terza Coppa del Mondo, la carriera di Garrincha è ormai agli sgoccioli. L'idillio col Sacrofano dura poco. Nel marzo 1971 si accorda con i francesi del Red Star, ma non se ne farà nulla.

Nel 1972 Elza e Mané fanno quindi ritorno in Brasile, dove l'ala destra vivrà gli ultimi anni della sua esistenza. In patria Garrincha strappa un ultimo ingaggio con l'Olaria, piccolo club della zona nord di RIo che gli accorda un ingaggio da cinquemila cruzeiros al mese.

Con quest'ultimo disputa alcune amichevoli e partecipa al Campionato carioca, collezionando 10 presenze e un goal, l'ultimo della sua carriera. Lo segna a 38 anni il 23 marzo 1972 (2-2 con il Comercial). Il 23 agosto disputa la sua ultima gara da professionista contro il Botafogo, il club con cui si era affermato, per poi annunciare il suo ritiro dalle scene.

Il 19 dicembre 1973 Garrincha dà il suo addio al calcio al Maracaña. Per l'occasione è organizzata un'amichevole fra la Nazionale brasiliana, in cui avrebbe giocato Mané, ed una selezione Mondiale, denominata FIFA XI. La Seleçao vince 2-1 con goal di Pelé e Luis Pereira. 'Il Passero' di Pau Grande non brilla, e il momento più emozionante è il suo giro di campo finale per salutare i 131 mila spettatori accorsi.

Photo du jour 📸 Pelé et Garrincha 🇧🇷 pic.twitter.com/0hlmwPYkoX

Il calcio era l'unico freno per Garrincha, che senza il pallone accelera ulteriormente la sua parabola autodistruttiva. L'alcol diventa una dipendenza e sono vani i tentativi della moglie Elza di farlo disintossicare.

Dopo la fine della loro unione, la situazione precipita ulteriormente e l'ex ala destra cerca ogni pretesto per poter bere. La LBA (Legião da Boa Vontade) gli offre di insegnare calcio ai bambini poveri. Lui accetta ma non cambia stile di vita, anzi, lo peggiora. Dopo le lunghe sbronze, si assenta a lungo da casa e dorme sempre più spesso per strada sulle soglie di un'osteria.

Nel 1978 è ricoverato una prima volta nella casa di riposo Alto da Boa Vista, con le spese pagate dalla LBA, per una crisi di astinenza. Ne seguiranno altri, e nel 1979 gli viene diagnosticata la cirrosi. In uno di questi ricoveri, in un momento di rara lucidità, riflette sulla sua vita.

Il 17 febbraio 1980 una celebre foto lo ritrae seduto sopra il carro di Samba mangueira salutare la gente. È vestito con la divisa del Brasile e le scarpe da calciatore ai piedi, ma ho lo sguardo triste e totalmente assente.

Nonostante tutto trova la forza per fare un'ultima apparizione sul campo. La fa la sera di Natale del 1982. La partita si gioca a Planaltina, vicino a Brasilia, e vede come avversari il Londrina, con Garrincha che entra negli ultimi 20 minuti, e la rappresentativa della Associaçao de Garancia ao Atleta Profissional (AGAP), vittoriosa 1-0.

Ma il campione ha ormai perso totalmente il controllo della sua vita. E l'epilogo è desolante: dopo diversi giorni fuori casa trascorsi a bere, fa ritorno alla sua abitazione e a stento si regge in piedi. È quasi irriconoscibile. La compagna chiama un'ambulanza, Mané è ricoverato. È la sera del 19 gennaio 1983. Provano a salvarlo, stavolta però tutti i tentativi saranno vani: ha gli organi interni distrutti dalla cirrosi e nel sangue viene ritrovata anche dell'acqua di colonia che aveva ingerito. Non c'è nulla da fare, e lasciato solo nella sua stanza, quando sopraggiunge un'edema polmonare, alle 6 del mattino del 20 gennaio 1983 il campione di Pau Grande cessa di vivere.

Il lutto per colui che era 'Alegria do Povo', 'La gioia del Popolo', unisce Rio de Janeiro, che si ferma per dargli un saluto degno di un capo di Stato. Nilton Santos, l'amico che più di tutti gli era stato vicino, si accerta che vengano eseguite le sue volontà. Nessuna cerimonia sfarzosa, Garrincha sarà sepolto a Pau Grande.

La bara del calciatore è portata al Maracaña. E attorno ad essa si raduna una folla sempre più vasta. Il feretro è poi issato sopra il camion dei Vigili del Fuoco e portato a Pau Grande, per fare a ritroso il percorso fatto dal 'Passero' quando dal suo paese andò al Botafogo.

Dopo la messa, celebrata nella piccola chiesa locale, la più grande ala destra della storia del calcio è tumulata nel Cimitero Raiz da Serra. Sopra la lapide, dove ardono perennemente sette candele, come il suo numero di maglia preferito, compare un epitaffio mezzo cancellato dagli agenti atmosferici:

Un campione come lui il Brasile e il calcio non l'avrebbero più visto. A lui sono stati intitolati lo Stadio di Brasilia e il museo dello Stadio Maracaña di Rio de Janeiro. Nel 2010 è stata inoltre realizzata una statua del campione di Pau Grande davanti al nuovo Stadio Nilton Santos del Botafogo. I tifosi lo hanno eletto miglior giocatore di sempre della storia del club. A Pau Grande un museo sorge dove lui abitava e c'è anche una polisportiva che porta il suo nome.

La Federazione Internazionale di Storia e Statistica del calcio lo inserisce all'8° posto fra i migliori calciatori del XX secolo, mentre per i brasiliani è stato il più grande assieme a Pelé. Con un importante distinzione: