Storia del chiodo da roccia - 4 -

2022-08-20 03:12:28 By : Mr. Jack Wang

Storia del chiodo da roccia – 4 (4-5) – I chiodi a occhiello incorporato e apparizione dell’acciaio di John Middendorf (pubblicato su bigwallgear.com il 4 agosto 2021)

Primi chiodi ad anello e design del chiodo a occhiello incorporato Evolvendosi dai chiodi con occhiello, come quelli usati da George Anderson sull’Half Dome, compaiono i chiodi ad anello, i futuri e più comuni strumenti di ancoraggio alla roccia dell’era industriale.

Anche se esistevano molti modelli di ganci da parete in muratura con anelli per appendere oggetti alle pareti, magari per legare un cavallo, la maggior parte di questi primi strumenti ad anello non avrebbe retto in un’applicazione di arrampicata. La forgiatura degli anelli con martello e incudine è un processo laborioso e ci sono poche prove di chiodi in ferro battuto realizzati su misura per l’arrampicata con un anello forgiato, dato che la tecnica di collegare la corda al pezzo fisso di protezione tramite un cordino era la pratica standard di allora, quando le cadute dinamiche del capocordata non erano un’opzione e non era richiesto un anello a basso attrito.

Il chiodo ad anello (Ringhaken) come strumento di arrampicata appare nel manuale di Franz Nieberl del 1909, Das Klettern im Fels (che, tra l’altro, è un’ottima fonte per studiare l’evoluzione dell’attrezzatura da arrampicata, in quanto ci fu una serie di edizioni aggiornate ogni decennio fino agli anni ’50), nonché in una serie di illustrazioni di Carl Moos. La maggior parte di questi chiodi sono identici agli strumenti utilizzati dai taglialegna per legare insieme le zattere di tronchi. Gli anelli sembrano saldati a punti, piuttosto che saldati a forgiatura, ciò vuol dire che probabilmente erano realizzati in una fabbrica piuttosto che in un negozio di fabbro locale.

Nonostante il noto uso di chiodi ad anello integrato all’inizio dell’era dei chiodi, il termine “Ringhaken” non compare frequentemente nelle vecchie riviste austro-tedesche. C’è una menzione nel 1905 (“con la corda che passa in un chiodo ad anello così saldo possiamo finalmente stare più tranquilli”) e nel 1910 come ancoraggio per corda doppia lungo la traversata della Brêche du Perron (Oskar Erich Meyer). I chiodi ad anello erano principalmente intesi come ancoraggi per la discesa in corda doppia. Altre opzioni di spessore e lunghezza dei chiodi ad anello compaiono negli anni prima della prima guerra mondiale e poi più frequentemente negli anni ’20 e ’30, quando lo Sporthaus Schuster iniziò a vendere chiodi piatti ad anello: ma subito dopo il termine scompare dalle relazioni austro-tedesche poiché la maggior parte dei tipi diversi di chiodo divenuto nota in letteratura con il termine generico “Haken” (o “Felshaken”), in italiano chiodo da roccia. I chiodi ad anello, un anello su una lama piatta di varie lunghezze e spessori, sono diventati più comuni negli anni ’20 come chiodi di protezione fatti con acciai più resistenti e in officine di saldatura più dedicate.

I primi diari hanno frequenti riferimenti relativi a “Haken mit Seilring” (chiodi con anello di corda). Ma questi non sono chiodi ad anello, perché un Seilring (anello di corda) è in realtà un cordino legato o avvolto attorno al chiodo e alla corda, e spesso usato come aiuto per tirarcisi su o anche per entrarvi con il piede, a volte indicato ironicamente come un “laccio” specie quando gli alpinisti hanno superato una tratto “von Seilring zu Seilring” (da cordino a cordino), cioè in artificiale sui chiodi fissi. Anche gli scalatori moderni usano questo genere di accrocchi con cordini e fettucce. Gli Eisenring, anelli di ferro separati disponibili come articolo hardware di scorta, erano usati principalmente per la discesa in corda doppia: ne tratterò in un futuro articolo sull’attrezzatura e sulla tecnica per la discesa in corda doppia. Nell’era prima dei moschettoni, i preferiti erano i chiodi dritti con un occhiello più grande, con design simile ai log dogs senza anello dell’epoca, perché consentivano a un cordino anche grosso di passare facilmente attraverso l’occhiello. I chiodi con un grande occhiello incorporato compaiono per la prima volta nell’Elbsandsteingebirge come fittoni (in futuro tratterò l’evoluzione dell’Elbsandsteingebirge in un post separato, con focus sulle prime attrezzature e tecniche di arrampicata libera).

Piuttosto che i chiodi ad anello, il legame evolutivo tra il Mauerhaken originale e il chiodo moderno è forse più strettamente correlato al design dei chiodi lunghi con un grande occhiello incorporato. Questi potrebbero essere stati originariamente strumenti di taglialegna, poi modificati per diventare i primi fittoni usati nell’Elbsandsteingebirge, magari appiattiti da un fabbro per farli diventare sottili. Nell’era pre-moschettone, quando i cordini erano il metodo di collegamento standard tra corda e chiodo, questo chiodo in ferro battuto o acciaio più versatile era più sicuro rispetto a un chiodo provvisto di un anello mobile di cui non si conosceva la tenuta. Nei musei compaiono solo pochi esempi di chiodi ad occhiello incorporato: è da segnalare un interessante chiodo di origine sconosciuta nel Museo Nazionale della Montagna di Torino.

L’evoluzione del moschettone sarà oggetto di un altro mio studio separato in questa serie, ma l’idea spesso citata che la sinergia chiodo/moschettone inizi nel 1910 è un po’ più sfumata: i moschettoni come strumento specifico di arrampicata/alpinismo risalgono almeno al 1898, ma era raro che una cordata avesse più di tre moschettoni, utilizzati principalmente per altri compiti, anche negli anni ’20. I cordini erano il mezzo principale di connessione e i designer dell’epoca s’impegnavano molto nella levigatura e nello smussamento dell’occhiello per essere sicuri che non vi fossero spigoli vivi a danneggiare il cordino (analizzerò in altro studio questi primi design, le innovazioni per utilizzare i moschettoni e altri dettagli).

Indipendentemente dal metodo di fissaggio, quello che mancava davvero all’inizio del XX secolo era un chiodo sottile che fosse forte e leggero. La punta appiattita in ferro battuto era debole e tendeva a tranciarsi. Fortunatamente per coloro che allora esploravano il mondo verticale – spesso avendo a che fare con sottili e fragili fessure di calcare o dolomite che si danneggiavano se vi martellava dentro una punta metallica rotonda – la più ampia disponibilità di lamiera d’acciaio coincise con questa prima era dell’arrampicata tecnica su roccia.

Apparizione dell’acciaio Con l’avvento dell’acciaio economico e temprabile all’inizio del 1900, i chiodi si sono davvero affermati come un utile strumento di arrampicata che ha permesso di espandere nuovi standard nello sforzo umano sulla verticale. La maggior parte (se non tutti) dei chiodi usati per l’arrampicata prima del 1900 erano fatti di ferro battuto, piuttosto che di acciaio, ed erano piuttosto spessi e pesanti; un chiodo più leggero, più forte e più sottile è stato il passo successivo nell’evoluzione dell’equipaggiamento. Ai fini dello studio dei primi chiodi, è necessario considerare tre tipi di prodotti in ferro:

Ferro battuto: acciaio a bassissimo tenore di carbonio, il più comune nella seconda metà del XIX secolo, e materiale standard da fabbro. Non trattabile termicamente ma può essere “cementato” (acciaio da cementazione). Morbido: sezioni sottili non erano adatte per un chiodo che doveva essere martellato.

Acciaio dolce: a basso tenore di carbonio, trattabile termicamente. Disponibile in forma di fogli all’inizio del Novecento.

Ghisa: ferro ad alto tenore di carbonio, molto fragile che si spezza quando viene martellato. Utilizzato per applicazioni strutturali ornamentali o a compressione pura.

L’acciaio risale ai primi tempi dell’età del ferro (e probabilmente prima, dai meteoriti), sebbene la scienza degli additivi del ferro fosse più basata su processi spesso segreti piuttosto che sulla comprensione degli elementi chimici. Ad esempio, il processo di fusione e forgiatura degli acciai Maraging giapponesi, noti sia per la resistenza che per la tenacia, utilizzati per fabbricare le spade mille anni fa non è ancora completamente compreso dal punto di vista della scienza dei materiali. La storia del ferro e dell’acciaio è la storia della civiltà occidentale; le nuove miniere furono un importante incentivo all’espansione dei romani e la storia dei cambiamenti di potere in Europa e dell’ascesa dell’America nel XX secolo si allinea con l’ascesa della tecnologia e della produzione dell’acciaio e dell’energia.

Prima dell’invenzione dei metodi di produzione in serie dell’acciaio Bessemer e Siemens a metà del XIX secolo, la maggior parte dell’acciaio veniva prodotta in crogiolo in quantità molto piccole, circa 50 kg alla volta; quindi l’acciaio era costoso e utilizzato solo per applicazioni specialistiche, con il Regno Unito, la Svezia e la Russia come maggiori produttori (nelle aree con grandi foreste). Nel 1850, con il carbone come principale fonte di combustibile e la deforestazione globale che raggiungeva il picco, la produzione veniva misurata in decine di migliaia di tonnellate all’anno: la Gran Bretagna, il più grande produttore mondiale di acciaio, produceva 50.000 tonnellate di acciaio all’anno.

Nel 1900, l’acciaio veniva prodotto principalmente grazie al carbone e la produzione veniva misurata in milioni di tonnellate all’anno: la Germania, il secondo produttore mondiale (dopo gli Stati Uniti), produceva 4 milioni di tonnellate di acciaio Bessemer e 1,5 milioni di tonnellate di acciaio Siemens all’anno. L’offerta di ferro battuto, in gran parte dalla Svezia, si è ridotta a quantità trascurabili. Le imprese in ferro battuto dell’ingegneria umana come la Torre Eiffel furono sostituite da grattacieli in acciaio e meraviglie ingegneristiche come il ponte di Brooklyn a New York e il Forth Bridge a sbalzo in Scozia. L’età del ferro aveva lasciato il posto all’età dell’acciaio.

Lamiere economiche, rafforzate dal processo di laminazione, si sarebbero diffuse nei primi anni del Novecento. Un riferimento a un chiodo d’acciaio (“Prima-Stahlhaken”) appare in una relazione del 1907. Il primo riferimento ai chiodi Fiechtl appare nel Mitteilungen des Deutschen und Österreichischen Alpenvereins del 1920 e, in base al design e alle specifiche, questi chiodi sono molto probabilmente tagliati a forma grezza da lamiera d’acciaio, piuttosto che provenienti da una billetta (cioè la sbarra metallica di sezione quadrata o rettangolare usata per produrre lamiere e profilati), quindi il cono e l’occhiello erano punzonati utilizzando tecniche di forgiatura. Gli orizzontali in acciaio compaiono anche all’inizio degli anni ’20 (ne vedremo il processo per realizzarli nella prossima puntata).

Ci sono molti dei primi chiodi di origine sconosciuta nei musei di arrampicata di tutto il mondo; con le conoscenze metallurgiche, questi primi chiodi potrebbero essere meglio identificati con un durometro ed esaminando la struttura della grana dell’acciaio utilizzando una lima, un trattamento superficiale acido e una lente d’ingrandimento per identificare la composizione e l’epoca approssimativa del processo di fabbricazione.

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